CRONONUTRIZIONE - NUTRIGENOMICA

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Il digiuno ,pro e contro-come stai settembre 2008


Come Stai

Digiuno, quali rischi si corrono

Roberta Raviolo

Il professor Ascanio Polimeni si è laureato con lode in Medicina e Chirurgia, presso
l’Università degli Studi di Bologna, dove ha conseguito anche la specializzazione in bronco pneumologia. La sua attività professionale si svolge in diversi settori della medicina, soprattutto in psiconeuroendocrinologia,nutrigenomica ed in cronobiologia, di cui ha conseguito masters negli Stati Uniti.
Esercita la libera professione a Roma e Milano, dove dirige i “Centri per la cura della menopausa e dell’invecchiamento cellulare. Ha pubblicato diversi libri (Cronobiologia, Depression ed Obesita’,La Sindrome Premestruale e Pregnenolone).Sono in uscita per il prossimo autunno, Il Fattore Genetico (Sperling &Kuffer) e la nuova edizione del Pregnenolone estesa agli altri ormoni bioidentici( Tecniche Nuove). È membro del comitato scientifico della W.O.S.A.A.M.(WORLD SOCIETY of ANTI-AGING-MEDICINE e dell’I.H.S.(INTERNATIONAL HORMONE SOCIETY)e speaker autorevole ai piu’ importanti congressi internazionali in medicina antiaging ed healthy aging.
La dottoressa Paola Signorelli si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale di Milano con il massimo dei voti e si è specializzata in Scienze dell’Alimentazione presso la Scuola di Specialità dell’Università Statale di Milano. Ha il diploma di esperto in Nutrizione biologica e Medicina estetica olistica, in Omeopatia, Omotossicologia e Medicine integrate. È membro dell’Associazione Nazionale specialisti in Scienza dell’alimentazione. È stata medico interno presso il reparto di Medicina Interna-gastroenterologia dell’Ospedale di Monza e Direttore scientifico del Caroli Health Club dal 1998 al 2007.


Il digiuno è antico come il mondo, o quasi. Le sue origini si confondono con i primordi della storia stessa dell’uomo, quando in culture anche geograficamente lontane tra di loro alcune persone si privavano volontariamente del cibo con il comune intento di staccarsi dagli istinti terreni, purificando corpo e spirito e avvicinandosi in tal modo al divino. La pratica del digiuno è proseguita nel corso dei secoli con una forte tradizione, al punto che ai primi dell’Ottocento nacque, negli Usa, l’Igienismo, che riprese e approfondì la pratica del digiuno del digiuno con finalità non mistiche ma curative, quindi come sistema in grado di guarire diverse malattie. Proprio dagli Stati Uniti, però, in tempi più recenti c’è stata un’inversione di tendenza a proposito di questa convinzione. Il digiuno, in altre parole, non sarebbe realmente efficace per mantenere il corpo sano o per allungare la vita di una persona. Tenendo conto che, naturalmente, è sempre meglio non esagerare con il cibo, per evitare il sovrappeso con tutti i problemi correlati, anche privarsi del cibo può essere controproducente. “L’organismo, per funzionare, ha bisogno di carburante, che viene fornito sotto forma di cibo, il quale deve essere il più possibile vario” precisa la dottoressa Paola Signorelli, specialista in scienza dell’alimentazione a Milano. “Se il corpo, in condizioni di salute non riceve cibo per un periodo superiore a 24 ore, non può funzionare bene, proprio come un’automobile non può mettersi in moto senza benzina”.

Ci vuole carburante
La “benzina” che fa carburare il corpo è costituita dall’insieme di sostanze nutritive che vengono introdotte con l’alimentazione, che deve essere il più possibile variata. Solo così il fisico può contare su tutto quello che gli occorre per vivere bene. Occorrono i carboidrati presenti in zucchero, marmellata e miele ma anche in pane, riso, pasta e cereali per fornire energia per il movimento e glucosio (la forma più semplice dello zucchero) in dispensabile per la respirazione di tutte le cellule del corpo e per la vita stessa del cervello. Servono le proteine fornite da carne, pesce, uova e legumi per costruire i muscoli, che non solo costituiscono la “struttura” e la forza del corpo, ma regolano il metabolismo, cioè il processo di scissione e utilizzazione delle sostanze introdotte. Sono indispensabili le vitamine e i sali minerali, che svolgono un’infinità di funzioni: dalla regolazione dell’attività muscolare e nervosa alla salute delle ossa e dei denti, alla lotta contro le malattie e l’invecchiamento dei tessuti, alla distribuzione dell’energia. Perfino i tanto temuti grassi sono necessari, nella giusta quantità, per fornire energia di riserva e per mantenere in salute il sistema nervoso. Digiunare, cioè privarsi per un tempo più o meno lungo di queste sostanze, significa rischiare seri problemi di salute. “Il digiuno non è una condizione naturale per l’uomo” sostiene la dottoressa Signorelli. “Alimentarsi non significa infatti solo saziarsi con quello che piace di più, ma vuol dire letteralmente vivere, sostentare l’attività nervosa, endocrina e metabolica del corpo. In altre parole, significa vivere”.

Niente cibo? I danni si vedranno più avanti
Privarsi del cibo, però, non causa soltanto una forma di debolezza transitoria, destinata a risolversi nel momento in cui si decide di riprendere ad alimentarsi: “Il digiuno prolungato causa modificazioni all’organismo che possono incidere notevolmente sul benessere” avverte il professor Ascanio Polimeni, specialista in psiconeuroendocrinologia e in cronobiologia. “In questi casi, non è detto che la ripresa di una regolare alimentazione sia sufficiente a risolvere questi stessi problemi. Per questo a mio avviso va evitato il digiuno prolungato e ripetuto, che non preveda l’assunzione nemmeno di integratori e di quelle sostanze necessarie per il benessere, come zuccheri, minerali e amminoacidi per i muscoli”. È però indispensabile operare una distinzione, perchè esistono diversi tipi di digiuno. “Il digiuno di media durata, che dura da 24 ore a 24 giorni circa, è quello che provoca i danni meno seri all’organismo, perchè, anche se non vengono introdotte nuove fonti di energia, il corpo le attinge dalle riserve di grasso, che quindi si riducono e la persona, paradossalmente, può riceverne un beneficio” aggiunge la dottoressa Signorelli. “Gli effetti della mancanza di nutrimento, però, si avvertono comunque: oltre a nervosismo e a irritabilità, è soprattutto l’aspetto esterno a risentirne: la pelle diventa spenta e opaca, i capelli si indeboliscono”. I danni più seri si verificano con il digiuno prolungato, che dura oltre 25-30 giorni dall’ultimo pasto. In un tempo così lungo le riserve adipose si esauriscono e il corpo è costretto ad attingere alle ultime riserve che restano: i muscoli. Questo avviene attraverso un complesso processo biochimico che riesce ad attaccare le proteine e a scinderle in sostanze più semplici, utilizzabili dal corpo come fonte energetica per far funzionare il cervello. In questo modo però la massa muscolare viene impoverita e si verificano i danni più seri: oltre alla debolezza, si abbassa anche il metabolismo, con il risultato che, una volta che si riprende ad alimentarsi, si ingrassa più facilmente. Ma vediamo, giorno dopo giorno, che cosa succede quando ci si priva del cibo.

Dopo un giorno: ci si sente un po’ giù
Nelle prime 24 ore dall’inizio del digiuno, la persona non avverte grandi disturbi: questo perché l’organismo può ancora contare sulle scorte di zuccheri e di altre sostanze nutritive provenienti dall’ultimo pasto. Dopo le prime 24 ore, però, l’organismo ha esaurito le riserve immediate di energia e, di conseguenza, si trova in uno stato di ipoglicemia, cioè in una condizione di mancanza di zuccheri disponibili. Questo provoca una sensazione di sonnolenza e debolezza, perché il cervello, l’organo che risente maggiormente della carenza di zucchero, si trova improvvisamente senza nutrimento e quindi riduce la propria attività.

Dopo due-tre giorni: arriva l’euforia
Dopo 48-72 dall’ultimo pasto, una persona avverte una sensazione di energia e di benessere, si sente attiva e piena di voglia di fare. E’ spesso questa sensazione che induce i sostenitori del digiuno a proseguire in questa pratica. Ma attenzione: si tratta di una sorta di “paradiso artificiale” dovuto alla presenza di sostanze tossiche in circolo nel sangue. Ecco che cosa succede: “Quando il cervello è in condizioni di carenze energetiche e rischia quindi di andare in tilt, non funzionando più bene, invia una serie di messaggi biochimici al corpo, segnalando in questo modo che tutto l’organismo si trova in uno stato di stress a causa della carenza di zucchero, quindi di ossigeno e nutrimento. Vengono allora liberati ormoni come il cortisolo e l’adrenalina, che cooperano alla ricerca di fonti energetiche alternative. Prima di tutto si utilizzano le scorte di glucosio nel fegato attraverso un processo chiamato glicogenolisi epatica, che preleva le scorte di glucosio contenute nel fegato. Queste riserve sono però limitate, quindi il corpo deve ricorrere alle fonti energetiche rappresentate dal tessuto adiposo. All’interno di questo tessuto si trovano i trigliceridi, molecole complesse di acidi grassi che vengono trasformati in glicerolo, che a sua volta arriva al fegato attraverso il sangue, per essere convertito in glucosio, quindi utilizzato come fonte energetica. “Questo processo, che si chiama lipolisi, oltre a produrre zucchero libera corpi chetonici, sostanze tossiche derivate dalla scissione del glicerolo” spiega il professor Polimeni. “I corpi chetonici arrivano al cervello attraverso il sangue e regalano una sensazione di euforia, simile a quella degli stupefacenti. Per questo una persona si sente bene ed è attiva. Ma è una sensazione momentanea, destinata a svanire nel giro di pochi giorni”. È falsa anche la sensazione di sazietà che si prova, che non è indice del fatto che l’organismo “non ha bisogno di niente”. Si tratta di una sorta di meccanismo di salvataggio messo in atto dal cervello, che produce un neurotrasmettitore, la colecistochinina, che invia allo stomaco un segnale di sazietà.

Dopo una settimana: scende la pressione
L’organismo attinge alle riserve energetiche dei grassi, quindi sopravvive. Il fisico, però, inizia a risentirne. Il primo segnale è l’abbassamento della pressione arteriosa, la forza che il sangue esercita sulla parete interna delle arterie. La pressione è regolata dalla presenza nel sangue di sostanze come il sodio, il potassio e anche lo zucchero. Poiché questi elementi non vengono più introdotti a causa della privazione di cibo, il sangue è meno denso, quindi scorre all’interno dei vasi con più facilità. I valori pressori, quindi, tendono ad abbassarsi. Può essere un bene per le persone con pressione alta, che quindi rischiano infarto e ictus, ma lo stesso risultato si raggiunge all’interno di un regime alimentare regolare, con meno sale e meno grassi. L’abbassamento drastico della pressione nel digiuno, inoltre, può essere dannoso per chi ha valori normali o addirittura bassi, perchè espone al rischio di svenimenti.

Dopo dieci giorni: si è meno belli
L’aspetto esteriore di una persona a digiuno inizia a risentire della mancanza di nutrienti come vitamine e sali minerali. Il colorito è pallido e spento e compaiono profonde occhiaie scure, a causa della scarsa quantità di ferro (normalmente fornito da carne e legumi). La mancanza di ferro crea una situazione di anemia, cioè presenza di pochi globuli rossi, cellule deputate al trasporto di ossigeno e nutrimento ai tessuti. La scarsa quantità di zucchero circolante, derivata dal tessuto adiposo, rende più seria la situazione. Anche la salute dei capelli inizia, seppure impercettibilmente, a risentire del digiuno. La carenza di ferro, ma anche di selenio, rame e magnesio (sali presenti in carne, verdure, frutta fresca e secca) indebolisce la radice dei capelli, che si nutre proprio di queste sostanze. Quindi i capelli, privati del nutrimento, entrano nella cosiddetta fase “telogen”, cioè muoiono. Per questo è possibile notare un improvviso indebolimento dei capelli e anche un diradamento della chioma.

Dopo 15 giorni: si emana cattivo odore
Ormai da molti giorni l’organismo provvede al rifornimento di energia attingendo al tessuto grasso, che si consuma sempre di più. In questo modo, però, lo stato di acidosi, cioè la quantità di corpi chetonici in circolo è costante ed elevata e causa uno stato di perenne intossicazione. La presenza di tossine un po’ ovunque nel corpo, cioè nel sangue, nelle mucose, nella saliva provoca una situazione di alitosi. Anche la sudorazione diventa abbondante e particolarmente sgradevole, proprio perché satura delle sostanze tossiche che il corpo produce dall’utilizzo dei grassi. Gli stessi sostenitori del digiuno in questo periodo raccomandano di seguire una accurata igiene personale e di effettuare sciacqui e gargarismi con collutori dall’aroma gradevole.

Dopo 20 giorni: aumenta la sensazione di malessere
Lo stato di intossicazione da corpi chetonici continua e l’organismo inizia a risentirne in modo accentuato. La persona è soggetta a episodi di nausea e vomito, simili a quelli che colpiscono i bambini durante le crisi di acetone (anche in questo caso, infatti, i disturbi sono dovuti alla presenza dei corpi chetonici nel sangue). E non basta: possono verificarsi anche piccoli disturbi di tipo neurologico, come nervosismo, confusione mentale e difficoltà di concentrazione. Sono sempre responsabili le tossine, che giungono anche al cervello, interferendo con la trasmissione degli impulsi nervosi a livello delle sinapsi (i punti di collegamenti tra le cellule del cervello).

Dopo 30 giorni: i muscoli iniziano a risentire del digiuno
Privandosi del cibo per molto tempo, a meno che le riserve di grasso non siano veramente abbondanti, è facile esaurire le scorte energetiche del tessuto adiposo. L’organismo, allora, è costretto ad attingere al tessuto muscolare. Viene allora messo in atto un complicato processo che ha lo scopo di attingere energia dai costituenti dei muscoli, cioè le proteine o, più esattamente, gli amminoacidi, le sostanze più semplici che formano il tessuto muscolare. Vengono attaccati due amminoacidi, l’alanina e l’acido glutamico, dai quali più facilmente si riesce a estrarre energia. Nel fegato avviene la cosiddetta gluconeogenesi epatica, che riesce a trasformare i due amminoacidi prima in una sostanza chiamata piruvato, quindi in glucosio e poi a immettere quest’ultimo nel sangue. Si ricava quindi energia, ma a discapito di un impoverimento della massa muscolare. “È la fase più rischiosa del digiuno” avverte il professor Polimeni. “Infatti non ci si deve dimenticare che anche l’intestino e il cuore sono costituiti essenzialmente di fibre muscolari. Un digiuno prolungato eccessivamente, magari senza controllo medico, o ripetuto, rischia di danneggiare la struttura di questi organi vitali. Il cuore può quindi funzionare meno bene e nel corso degli anni può comparire insufficienza cardiaca. Anche l’intestino può indebolirsi e, con il tempo, diventare più delicato nei confronti di infiammazioni, che a loro volta predispongono a disturbi cronici come la celiachia, cioè l’intolleranza al glutine o la malattia di Crohn, uno stato infiammatorio cronico caratterizzato da malessere e dissenteria”.

Dopo 40 giorni: ci si ammala di più
Anche il sistema di difesa dell’organismo diventa meno attivo a causa di un digiuno prolungato, con il risultato che una persona tende ad ammalarsi più facilmente anche di una semplice influenza e a guarire con più difficoltà. Il sistema di difesa dell’organismo dipende infatti da diversi fattori, ma soprattutto è regolato dallo stato del tessuto muscolare e dal sangue, in particolare dai linfociti, cellule deputate proprio alla difesa contro le malattie. Se il tessuto muscolare è impoverito e la persona si trova in uno stato di anemia a causa dell’apporto nullo di ferro con l’alimentazione, l’organismo non riesce a mettere in atto le difese necessarie per combattere gli agenti portatori di malattie. Di conseguenza si ammala più facilmente e si riprende con lentezza, lasciando una situazione di debolezza più a lungo.

Quando si ricomincia a mangiare: si mette su peso
Chi mette in atto in digiuno con la speranza di liberarsi dei chili di troppo, può restare seriamente deluso. Dopo un periodo di digiuno prolungato, infatti, si ingrassa facilmente, con il rischio di ritrovarsi più rotondi di prima. Si verifica infatti il cosiddetto “effetto carestia”. Ecco come succede: in mancanza di rifornimenti, l’organismo deve correre ai ripari, consumando il meno possibile le energie che ha a disposizione. Il metabolismo, allora, il processo biochimico che ha la funzione di utilizzare i nutrienti introdotti con l’alimentazione, si abbassa il più possibile e quindi consuma meno, per accumulare riserve anzichè bruciarle. Quando si ricomincia a nutrirsi, il metabolismo è ancora basso e anche le moderate quantità caloriche introdotte vengono trasformate in grasso. La persona è quindi indotta a mettersi a dieta o, peggio ancora, a iniziare un altro periodo di digiuno, dando il via a un circolo vizioso fatto di chili persi e recuperati, con effetti dannosi sull’estetica e sul benessere.

I rischi del digiuno ripetuto
Anche i sostenitori del digiuno sono concordi sul fatto che, in perfette condizioni di salute e sotto controllo medico, è necessario non superare mai i 40 giorni di digiuno, per evitare che compaiano disturbi seri. Ma anche in digiuno ripetuto, pur entro questo lasso di tempo “consigliato”, può rivelarsi dannoso. Prima di tutto, la donna in età fertile è soggetta a irregolarità mestruali a causa del brusco calo degli ormoni estrogeni, come il FSH o ormone follicolo stimolante, l’estradiolo e il progesterone. Tutti questi ormoni collaborano alla regolarità del ciclo mestruale della donna, con la maturazione della cellula uovo e la preparazione dell’utero per accogliere un’eventuale gravidanza. Se la quantità di massa magra, che regola proprio la produzione degli ormoni femminili, diminuisce troppo, il ciclo mestruale si altera e il flusso può scomparire, con ripercussioni sulla fertilità. Inoltre, nonostante si possa pensare che avviene il contrario, può aumentare il livello di colesterolo nel sangue. Questo avviene a causa di una diminuzione nell’attività della tiroide, la ghiandola situata alla base del collo che svolge varie funzioni, tra cui la regolazione del metabolismo. Un lento metabolismo coincide con l’aumento di colesterolo nel sangue.

Il corpo invecchia prima
Ripetuti digiuni provocano un invecchiamento precoce dell’organismo, a cominciare dall’esterno per arrivare anche agli organi interni. Infatti, la presenza delle tossine prodotte durante in digiuno aumenta la quantità, in circolo nel sangue, di radicali liberi, sostanze che esercitano un’azione invecchiante su tutti i tessuti. “ Mentre una costante riduzione delle calorie ingerite con la dieta (circa un 20-30% in meno) oppure brevi digiuni rallentano il processo di invecchiamento, il digiuno estremo è uno dei fattori maggiormente pro-aging, cioè che favoriscono l’invecchiamento” avverte il professor Polimeni. “Inoltre la privazione dal cibo impedisce di fare scorta di sostanze antiossidanti come i flavonoidi, gli antociani e il betacarotene, presenti nei vegetali di colore giallo e rosso e che svolgono una efficace azione anti-invecchiamento proprio perché tengono sotto controllo l’azione dei radicali liberi”. Chi digiuna in modo eccessivo, insomma, rischia di trovarsi più facilmente con il volto segnato da rughe e rughette. E che dire della vista? Gli occhi sono tra i primi organi a risentire della mancanza di alimentazione, soprattutto della situazione di anemia. Infatti le delicate strutture deputate alla vista, non nutrite a sufficienza e private di ossigeno, iniziano a funzionare meno bene. Possono quindi comparire disturbi della messa a fuoco da vicino, come la presbiopia, causata dall’invecchiamento del cristallino, la lente che regola la messa a fuoco, o addirittura forme di cataratta (opacizzazione del cristallino). Anche la salute delle ossa ne risente: la privazione dell’apporto di calcio con l’alimentazione causa un progressivo indebolimento delle ossa, che predispone a fratture anche in giovane età.

(BOX) Utile solo in certi casi
I sostenitori del digiuno affermano che gli animali, quando non stanno bene, si stendono lontani da tutto e rifiutano il cibo. Questa consuetudine spesso basta a rimetterli in piedi. Lo stesso discorso può valere applicato all’uomo: se non ha alcun senso sottoporsi a digiuno volontario in assenza di disturbo, è vero che una forma di semi-digiuno, con assunzione di liquidi e limitata a un breve periodo, può aiutare a riprendersi prima. Succede perché l’organismo, non dovendo disperdere energie nel processo digestivo, può impiegare tutte le sue risorse per accelerare la guarigione. È utile, per esempio, un intero giorno di astensione dagli alimenti solidi dopo un’abbuffata, o un’indigestione, o per problemi di dispepsia legati a una cattiva alimentazione che ci si trascina dietro da tanto tempo. Mantenendo lo stomaco libero per 24 ore, si dà modo ai residui di cibo di transitare nell’intestino. Inoltre, è opportuno sottoporsi a un breve periodo di digiuno quando la mucosa intestinale è molto irritata, come avviene, per esempio, nelle intossicazioni alimentari da cibi avariati, nelle forme di diarrea causata da batteri, oppure nelle malattie croniche intestinali come la colite ulcerosa o la malattia di Crohn. In questo modo si evita di introdurre a contatto con la mucosa già stressata qualsiasi tipo di sostanza che potrebbe causare ulteriore irritazione. Attenzione, però: nel caso di malattie croniche o intossicazioni, è necessaria la consulenza del proprio medico, se il digiuno viene seguito per oltre 24 ore, per assumere eventuali integratori a base di sali minerali, zuccheri e vitamine.

(BOX) Quando è “obbligato”
In alcuni casi, è necessario stare a digiuno anche se si sta benissimo. Anzi, sono i medici stessi che invitano a non assumere cibo. Succede quando ci si deve sottoporre alla colonscopia, un esame che si esegue per individuare o per escludere la presenza di malattia del colon, l’ultimo tratto del canale digerente, come polipi o formazioni di vario tipo. La colonscopia si esegue introducendo dell’orifizio anale una sonda dotata di videocamera. Questa viene fatta risalire delicatamente nell’intestino, esplorando la regione interna. Per fare questo, è indispensabile che l’intestino sia perfettamente sgombro. La persona deve quindi osservare, due o tre giorni prima dell’esame, una dieta a base di soli liquidi, assumendo a partire dalle 24 ore precedenti soluzioni lassative per favorire l’eliminazione delle scorie. Durante questo digiuno obbligato, ma necessario, può succedere di sentirsi un po’ deboli a causa della mancanza di calorie. E’ quindi opportuno evitare gli sforzi fisici eccessivi, il caldo e lo stare in piedi troppo a lungo. E’ possibile lavorare e svolgere le proprie attività quotidiane, a patto di non stancarsi e di sedersi o stendersi in un luogo fresco se ci si sente svenire. È anche possibile assumere un po’ di acqua con un cucchiaino di zucchero e un pizzico di sale, per darsi energia e far risalire leggermente la pressione.

(BOX) Antico come l’uomo
Il digiuno volontario era praticato almeno tremila anni fa in India, in Persia, in Cina e in Grecia, soprattutto in occasione di feste e cerimonie propiziatorie. Con scopi di purificazione digiunavano anche i Fenici, gli Egizi, gli Assiri ed i Babilonesi, oltre che i Druidi, sacerdoti delle tribù germaniche e celtiche in Europa del nord e gli Indiani d’America dell’epoca pre-colombiana. E’ attualmente adottato da molte tribù africane e australiane e dai monaci buddhisti tibetani. La storia religiosa racconta di molte figure che hanno seguito la pratica del digiuno di quaranta giorni in un momento cruciale della vita, per liberarsi dal passato e prepararsi al futuro: Mosè, per esempio, secondo la Bibbia digiunò quaranta giorni prima di ricevere le tavole della legge e ripetè la pratica per altri quaranta giorni prima di distruggere il Vitello d’Oro. Gesù stesso si preparò alla predicazione con il digiuno di quaranta giorni nel deserto. In tempi più recenti seguirono il digiuno Francesco d’Assisi, San Benedetto, Tommaso d’Aquino, San Francesco di Sales. Dopo il Medioevo, comunque, il digiuno cadde in disuso in occidente, mentre continuò a essere praticato in Oriente. Gandhi, per esempio, praticò spesso il digiuno con finalità di purificazione sulla falsariga dei digiunatori indiani.

(BOX) Vari tipi di digiuno
Secondo i sostenitori del digiuno, volontario, esistono tre modi di seguire questa pratica. C’è, in altre parole, il digiuno secco, che è la forma più estrema, che non prevede l’assunzione di qualsiasi cibo o di liquidi. Anche se deve essere limitato nel tempo (mai oltre le 48 ore) i medici lo sconsigliano fortemente per il rischio di disidratazione. Il digiuno umido prevede l’astensione dal cibo (ma non dall’acqua) per un periodo che varia dai 4 ai 40 giorni. La durata è molto soggettiva e dipende da fattori come l’età, la corporatura, l’energia individuale. Una persona più giovane e in salute potrebbe, teoricamente, protrarre il digiuno più a lungo. Il digiuno misto è una combinazione tra digiuno umido e secco. Prima si osserva un periodo di uno o due giorni di astensione totale da cibo e liquidi, quindi si assumono solo liquidi per alcuni giorni e, infine, si riprende l’assunzione di cibo. Esiste anche il cosiddetto digiuno attenuato, che prevede l’assunzione di acqua succhi di verdura o frutta, o anche di latte in modeste quantità.

(BOX) Intervista a Manuela Villa
“Ho tenuto duro, pensando che non sarebbe stato per sempre e che prima o poi sarei ritornata a casa. Ma il mio benessere ne ha risentito”
Manuela, lei è stata la vincitrice della scorsa edizione dell’Isola dei Famosi, sbaragliando alla grande tutti gli altri concorrenti. Sull’Isola, la maggiore difficoltà è proprio il digiuno, la mancanza di cibo. come ha fatto a mantenere la serenità e il sorriso che l’hanno portata alla vittoria?
“Merito di qualche chilo in più che avevo quando sono partita … (ride). Gli altri concorrenti erano tutti magrissimi, quindi il loro fisico ha risentito subito della privazione di cibo. Erano stanchi e nervosi. Io, invece, avevo un po’ di scorta e l’ho consumata. Questo mi ha aiutata a stare meglio più a lungo”.
Quindi, il digiuno non è stato poi così frustrante ..
“Non dico questo. È stata comunque dura, soprattutto per persone come noi abituate ad alimentarsi bene e più del necessario. Tanto più che io venivo da un periodo non semplice della mia vita: ero stata operata a una gamba in seguito alla rottura di un legamento, avevo problemi alla tiroide. Ma ho cercato di non buttarmi giù. Pensavo che la mia rinuncia forzata al cibo era una scelta, temporanea per di più, mentre c’è gente che tutta una vita non ha nulla da mangiare. Quindi non ritenevo giusto lamentarmi e piangermi addosso”.
Lati positivi e negativi di quel periodo?
“Sicuramente la solitudine, la mancanza di comfort, la vita primordiale mi hanno aiutata a riflettere, a dare alle cose il giusto peso, a non lamentarmi per fatti banali. Quindi in quel periodo ho ritrovato me stessa, ho iniziato a guardarmi dentro con obiettività e serenità. Dal punto di vista fisico, sicuramente aver perso qualche chilo ha favorito la guarigione del legamento. Per fortuna la voce è sempre potente. Ma ho avuto un calo della vista”.
Per colpa del digiuno?
“Penso di sì, perché si è manifestato proprio al ritorno dall’isola. Ho difficoltà a mettere a fuoco. Probabilmente la mancanza di una corretta nutrizione ha un po’ danneggiato le strutture della vista. Ho preso appuntamento dall’oculista, vedremo …”
Ripeterebbe l’esperienza del digiuno?
“No, assolutamente. Privarsi del cibo fa male. Va bene un giorno, magari per disintossicarsi dopo un’abbuffata. Più a lungo non si deve fare: meglio rivolgersi al medico”.
Lei ci tiene a sentirsi bene?
“Certamente. Ho bisogno di energia per il mio lavoro. Dopo la tournée estiva in diverse città italiane, in autunno debutto al Teatro Massimo di Palermo anche come attrice, nella commedia musicale Un amore grande grande, poi in scena anche al Brancaccio di Roma”.



15 Ottobre 2008